giovedì 4 giugno 2015

Siamo davvero tutti Charlie Hebdo?

Lo studio delle humanae litterae, più semplicemente detto Umanesimo, si è affermato nel lontano periodo del Rinascimento italiano ed europeo.
Scostandosi nettamente da quello che era il sentire medievale, ad inizio del XV sec. si è iniziato a porre l'uomo al centro dell'universo.
Così, attraverso le scienze, l'uomo non avrebbe più avuto bisogno di sottostare a Dio o a leggi pseudo divine cessando quindi di essere solamente una marionetta manovrata da un dio più o meno magnanimo: la caratteristica per cui l'essere umano si differenzia da tutti gli altri esseri viventi, la coscienza, viene esaltata sino a percepire - finalmente - l'uomo come artefice del suo stesso destino.
Da quel momento è una corsa sostanzialmente in discesa: dalla filosofia alla medicina
sembra non esserci un momento d'arresto.

Almeno sino ad inizio 2015.

7 gennaio: al grido di "Allah è grande", due uomini armati di tutto punto hanno attaccato la sede parigina di Charlie Hebdo.
Dodici morti, molti feriti, tanta paura e troppo silenzio.

Certamente non è della disinformazione che parlo: giornali e TV non hanno tardato a far della notizia la tragedia del momento.
Sono passati poi giorni, edizioni speciali ed internazionali del giornale satirico francese, direttori di giornali apparsi in video anziché sul proprio quotidiano e continue minacce ad un'Europa succube e silenziosa davanti a questo nuovo demone che si fa chiamare Isis.
Ora, dopo quasi sei mesi, rimane solo qualcuno che lascia ancora qualche fiore nei pressi della decimata redazione.
Cosa resta, invece, di quell'identità europea figlia dell'Umanesimo?

Nonostante alcuni momenti di inaudita follia, l'Europa è sinonimo di civiltà e di cultura e, sebbene la legalità sia probabilmente un'utopia, abbiamo abbandonato lo stato di inciviltà molti secoli fa.
Dovremmo rifiutare fortemente qualsiasi forma di barbarie compiuta nei Nostri territori, soprattutto se figlia di ignoranza, insensata idolatria e di una società in cui a molte donne – giusto per fare un esempio – è permesso guardare il mondo solo da dietro una rete.
Non si assiste, però, a nulla di tutto ciò.
Appena accaduto il disastro di Charlie Hebdo, avrei sperato in qualche discorso da parte del mio o di altri Capi di Stato, rassicurazioni o punti della situazione. Ma nulla.
Allo stesso modo, tra la gente ho udito tante chiacchiere e tutte con un unico denominatore comune che, sorprendentemente, non era la paura ma una strana forma di indifferenza.

“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”

Se il timore è del tutto lecito e concesso, inammissibile è accettare questo modo del tutto solitario di vivere: una forma di asocialità conseguenza del rifiuto della società attuale.
Eppure, per quanto non ci piaccia, ognuno di noi è parte di un tutto che, in questo caso, si chiama Italia, Francia, Germania… Europa, insomma.
Per quanto non ci si riconosca nel modus operandi di chi ricopre le tante poltrone, anche la storia presente è un nostro operato - proprio di tutti, sì -  e rivendicare o difendere la Nostra identità è un diritto ma, soprattutto, un dovere morale.
Chissà che, così facendo, qualcuno si ricorderà che c'è anche altro a cui badare oltre all'orto di casa propria.

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